mercoledì 24 febbraio 2010

RICERCA SUI RITI SETTENNALI

di Rosangela Ricciardi

CMP

L’INDAGINE

Per compiere la mia indagine ho approntato un questionario composto da 15 domande a risposta chiusa, che prevede però, per alcune domande, la possibilità di esprimere ulteriori dettagli qualora l’intervistato lo avesse ritenuto opportuno.

Il questionario è stato somministrato ad un campione di 50 persone, di ambo i sessi, di diverse fasce d’età e di differente livello culturale e sociale.

Il campione è stato “scelto” in modo casuale; il questionario è stato infatti pubblicizzato in rete sui più noti portali della zona (Vivitelese, Freemondoweb, Ellenews, Looslo, Infosannio, Socialsannio, Il Blog dei Riti) e sul più corposo social network (Facebook[1]) , è stato quindi compilato per gran parte on line, ma, per raggiungere meglio anche fasce d’età che difficilmente sarebbero state rappresentate con un’indagine svolta unicamente tramite internet, alcuni sono stati somministrati anche dal vivo, soprattutto a persone anziane.

Le risposte sono poi state inserite ed ordinate in un data-set ed elaborate con il software statistico SPSS che ha permesso anche la creazione di alcuni grafici.

In conclusione, emerge che la maggior parte del campione è formata da uomini di età compresa tra i 26 e i 50 anni, con un livello culturale medio-alto e che lavorano per lo più come dipendenti o liberi professionisti. Al di là del sesso e delle differenze anagrafiche, gli intervistati, rispetto alla religione cattolica, si dichiarano per lo più credenti, sebbene a differenti livelli di vicinanza alle istituzioni religiose.

Nonostante l’alta fetta di credenti, la pratica di turismo religioso, o comunque la partecipazione ad altre manifestazioni religiose al di fuori dei riti settennali, resta molto bassa e comunque circoscritta al territorio regionale. Differente è invece il comportamento di consumo rispetto a prodotti turistici tradizionali; anche coloro i quali si dichiarano molto credenti e praticanti e che hanno partecipato ai riti settennali, nonostante non pratichino forme di turismo religioso e/o pellegrinaggio, dichiarano di viaggiare spesso, soprattutto per piacere.

E’ interessante notare come più dell’80% del campione dichiari di aver partecipato ai riti settennali (per lo più in qualità di figuranti-penitenti); ciò vuol dire che la partecipazione ai riti risulta indipendente rispetto alla religiosità personale.

Ultimo aspetto su cui mi piacerebbe porre l’accento è il giudizio che gli intervistati danno dei visitatori che accorrono a Guardia Sanframondi. Se infatti l’83% esprime giudizio positivo, comunque alla domanda “cosa cambierebbe nell’organizzazione dei riti?” ben il 37% degli intervistati sceglie l’opzione “altro” in cui comunque esprime una certa “chiusura” agli arrivi, visti in molti casi irrispettosi e molesti, se male organizzati. Ciò, quindi, al di là, della religiosità, dell’età, del livello culturale e del giudizio sull’arrivo dei visitatori.

CONSIDERAZIONI SUI RISULTATI

La religione e il turismo, seppur “pratiche sociali” diametralmente opposte esistono da sempre, in tutte le culture di cui abbiamo testimonianze storiche. Le motivazioni, gli individui coinvolti, le modalità di pratica non sono però rimaste immutate nel tempo, ma si sono trasformate e plasmate a seconda delle “regole” vigenti nelle differenti società.

Esistono quindi fattori sociali capaci di influenzare sensibilmente le pratiche di massa e le abitudini di consumo degli individui. E se viene da sé che il mondo della villeggiatura prima e del turismo poi siano state per ovvi motivi modificate dall’evolversi delle società e dai cambiamenti tecnologici, è interessante però vedere come tali fattori possano determinare anche i comportamenti religiosi, all’apparenza intimi e scevri di componenti influenzabili dall’esterno.

Innegabile però è che per motivi religiosi si viaggi. Studiare tutte le destinazioni del mondo verso le quali milioni di visitatori si recano per motivi “spirituali” sarebbe davvero complesso, ma credo sia evidente agli occhi dei più che intorno al mondo della religione si sia creato un mercato vero e proprio, fatto non solo di biglietti di ingresso per i luoghi di culto, ma anche di statuette, souvenir e pacchetti turistici.

Se pensiamo alle più importanti mete del turismo religioso, giungono nell’immaginario collettivo luoghi quali Lourdes, Fatima, Medjugorje, Santiago de Compostela, Roma e San Giovanni Rotondo. Luoghi sacri, luoghi di culto, luoghi di arrivi di massa, luoghi frequentati da anziani e giovani, luoghi ormai organizzati e a misura di pellegrino-turista.

Esistono però mete altrettanto “venerabili” che non registrano le medesime visite, e proprio una di queste “anonime” mete ho voluto studiare.

Perché a Guardia Sanframondi, luogo in cui la pratica religiosa e il culto della Vergine Assunta sono così forti, luogo in cui ogni sette anni ha luogo una manifestazione così particolare e “forte”, perché in questo luogo così mistico non accorrono tanti visitatori?

La prima risposta viene da sé, il bacino geografico, ovvero l’hinterland beneventano, e il Comune stesso, non sono così noti. Risposta errata; Pietrelcina non dista molto eppure è stracolma di visitatori.

Di certo Padre Pio, Santo per cui Pietrelcina è nota, ha un “appeal” molto forte, vive una popolarità incredibile che Guardia Sanframondi non possiede, ma il motivo non è nemmeno questo. La vera motivazione è legata invece alla commistione tra scarsa propensione al marketing turistico delle organizzazioni che si occupano dei Riti Settennali e tra scarso volere degli abitanti del luogo.

Questo è dimostrato dall’indagine di campo che ho svolto. Sebbene il campione non sia stato amplissimo per motivi logistici e di tempo legati ad una tesi di laurea (ma che può essere approfondito in seguito), si nota come in tutte le fasce d’età e in tutte le fasce d’istruzione e professione, l’apertura all’arrivo, sebbene giudicata positivamente, sia ricca di “ma e però”.

I Guardiesi, difendendo la riservatezza dei Riti, impediscono al proprio Comune di divenire noto, frenano lo sviluppo turistico della zona, non favoriscono il miglioramento di strutture che altrimenti rimarranno lasciate all’incuria (perché, a mio avviso, se il turismo troppo spesso devasta, altrettante volte, riqualifica), ma lo fanno forse in nome di una religiosità, condivisibile e non, propria di chi ancora “crede”.

E non si può parlare di arretratezza culturale perché dall’indagine emerge che comunque anche a livelli alti di scolarizzazione le convinzioni restano le medesime.

Allora, perché?  Giudizi ed ipotetiche risposte io non sono in grado di darle; di certo so che questa “chiusura” conferisce fascino a questo bellissimo paesino della provincia Beneventana e ci insegna che forse il turismo, religioso e non, deve fare i conti soprattutto con una capacità di carico sociale che non tutti i luoghi sono in grado di sopportare e che, d’accordo o no, va rispettata.


[1] Il link al questionario è stato inserito nelle due pagine pubbliche dedicate a Guardia Sanframondi, ma anche sulla pagina dedicata ai Riti settennali presenti nel social network

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