giovedì 16 luglio 2009

Una ‘Fondazione’ per la tutela e la salvaguardia dei Riti settennali di Guardia Sanframondi

 

La complessa macchina organizzativa messa in piedi ogni sette anni dai comitati rionali insieme ad evidenti e non più trascurabili problemi legati alla tenuta statica del patrimonio artistico, religioso ed architettonico ( pensiamo alle Chiese de Riti) o più in generale quello che gli anglosassoni chiamano  ‘location’, impongono una discussione ampia e serena sia per tutelare e salvaguardare una delle manifestazioni religiose più particolari, originali e discusse del pianeta, sia per conservare la sua ‘ambientazione’.

Non sfugge alla proposta e alla discussione, la difficoltà di applicare, alla manifestazione guardiese, un’azione di tutela in tutto analoga a quella praticata per i beni archeologici, architettonici e storico - artistico e, dunque è necessario creare un modello pertinente al bene stesso, infatti, come chiarisce Lello Mazzacane in un suo scritto del 1999: 

  • In quanto prodotto intrinseco e peculiare di una cultura, la festa non consente alcuna forma di tutela, nel senso in cui consideriamo la tutela di un’opera artistica. L’opera d’arte viene, infatti, tutelata proteggendola da fattori esterni, isolandola in qualche modo da essi; inoltre la sua dimensione storica è data, quasi sempre fissata nel momento preciso della sua realizzazione, o comunque, nel caso di un monumento composito o di una città, definita dalle sue stratificazioni successive. La festa è un istituto sociale caratterizzato molto parzialmente da una sua data di nascita, peraltro spesso incerta, e da una sua forma storica più o meno consolidata, perché la festa è principalmente un organismo vivo e, seppure legato alle forme ripetitive del rito, non può che alimentarsi di una umanità cangiante dalla quale trae la sua ragion d’essere.’

Ci si chiede, allora, come sia possibile immaginare di salvaguardare i patrimoni immateriali, per loro natura sfuggenti, inafferrabili, volatili, effimeri, soprattutto quando sono associati a pratiche, simboli, immaginari delle comunità locali. Ci si chiede come poterlo fare per i Riti. Dove intervenire e soprattutto con quali modalità? Chi è in grado di riconoscere questo patrimonio sul territorio? Chi è in grado di progettare e applicare forme di salvaguardia e di valorizzazione per tipologie di beni mutevoli e inafferrabili, che sfuggono a qualsiasi classificazione? Chi è in grado di dialogare con l’UNESCO in modo serio sul tema del patrimonio intangibile italiano? www.ritisettennali.info

2 commenti:

  1. Sarebbe cosa buona e giusta.
    Se realizzata nelle forme e nei modi richiesti dalle norme per la costituzione di una Fondazione sui nostri Riti Settennali di Penitenza potrebbe essere la migliore occasione per preservarli, salvaguardarli e trasmetterli nella loro integrità alle generazioni future.
    Luca Iuliani

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