martedì 25 agosto 2009

Intervento di Matteo Coco

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Dal ‘Sannioquotidiano.it ‘ del 25 Agosto 2009

Ritornando ogni anno a Telese Terme per più giorni seguo il vostro giornale con particolare attenzione alla cronaca locale e di recente ho seguito con curiosità la “querelle” tra Lombardi, Pengue e altri e tuttavia, senza entrare nella “polemica” locale, intendo dire la mia, con molta modestia e schiettezza, sulla proposta, a mio avviso doverosa, di candidare come bene immateriale dell’Unesco: i riti settennali di Guardia di cui mi occupai con una breve ricerca storico-antropologica durante lo scorso settennato.
Si sa che il solido fondamento della nostra cultura, diciamolo pure: meridionale, poggia le sue basi sulle tradizioni che da secoli contraddistinguono la nostra fede e la nostra vita quotidiana. Non saremmo tali, e la nostra identità non sarebbe forte, se non ci legassimo, starei per dire avvinghiassimo, abbarbicati alle radici e a chi, come si suol dire, dalla notte dei tempi ha mantenuto vive le tradizioni e le ha fatte vivere e rivivere nei secoli sino alle soglie del terzo millennio, nell’era virtuale e tecnologica di internet.
Non voglio che appaiano banali queste mie brevi considerazioni perché, all’epoca, dopo aver letto un saggio sui riti di N. Pacelli, donatomi dal Preside Michele Riccio che da, coltissimo studioso, in un memorabile convegno, ne fece una puntuale disamina, mi volsi ad approfondire l’intrigante e intricato tema scoprendo, con interviste sul campo, il senso più lato e fascinoso dei misteri che sottendono ai riti stessi.
Parlandone di recente, per caso, col regista F. Weltz, ricordai di un’intervista fatta in chiesa ad una donna, un umile popolana, la quale parlandomi, entusiasta, dei riti, mi riferiva leggende e “verità” che la sua incrollabile fede facevano diventare certezza di un’appartenenza alla comunità guardiese, fiera di potersi proclamare tale di fronte a un “quid” che sostanziava la sua condizione stessa.
E così il ricorso alla protezione della Vergine, la statua, gli ori e i ricami, le chiese cittadine, il borgo antico, che vive e fa vivere il suo epicentro storico (in quella Campania felix) ogni sette anni sublimandolo, il percorso devozionale e processionale che diventa sintesi di tradizione, pagana prima, cristiana poi, di accettazione, consapevole quanto naturale, dei riti stessi fan sì che il tutto diventi mistero, cultura e tradizione.
Ecco perché, a mio giudizio, al di là di possibili, sterili quanto inutili, strumentalizzazioni, la Città di Guardia, nella sua piena totalità, attraverso tutte le sue forze sociali e civili, nucleo portante della cittadina sannitica, dovranno “battersi”, insieme, perché l’approvazione dell’Unesco sia sicura e totale, validamente e ampiamente riconosciuta, così come la mia adesione; anche se ho inteso trattarne da semplice osservatore esterno, cittadino e ricercatore di tradizioni popolari, che ha voluto offrire ulteriori elementi di discussione affinché l’interessante dibattito prosegua e sia positivamente fruttuoso senza voler per questo distruggere un patrimonio che è e deve essere dei guardiesi e non solo, ma di noi tutti.

Matteo Coco  docente di materie letterarie Itis Giannone - San Marco in Lamis

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